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1980 |
Museo e Pinacoteca di Ancona
“Donna dormiente” (terracotta)
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| 1992 |
Museo del Comune di Senigallia
“Senza titolo n.3” (terracotta, legno e corda)
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| 1993 |
Museo Comunale di Savona
“Scala modulare n.2” (terracotta e pietre)
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| 1994 |
Museo di Caltagirone
“Porta di Cuma” (terracotta e tufo)
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| 1995 |
Museo Vulcano di Catania
“Senza titolo n.4” (terracotta)
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| 1996 |
Roma, piazzale Hegel,
“Trasparenze” (ferro) installazione
Monumento in onore di Giovanni Falcone e Ezio Tarantelli
(in collaborazione con Bruno Del Gaizo)
Le Stragi mafiose di Falcone e Borsellino destarono orrore e sgomento lasciando un senso d'incredulità in tutto il Paese. Per gli artisti, l'unica maniera di reagire fu quella di non far dimenticare i motivi civili per cui troppe cose erano avvenute.
Fu allora che il ricordo e la rabbia trovarono una “reazione” adeguata nella rappresentazione di uno dei motivi – poi divenuto moda nei mezzi d'informazione - del concetto di trasparenza. Si pensò che semplici forme geometriche proiettate nello spazio – trapezi ascendenti e vuoti all'interno-dove si potesse “respirare”, “comunicare” - dove il vento aprisse millenni di poteri occulti, accuratamente protetti, potessero rendere esplicito tale concetto. Il progetto scultoreo consisteva – all'inizio - in dodici elementi (otto risolti in verticale e quattro in orizzontale), la cui disposizione “in pianta” configurava un labirinto (tale la realtà che rappresentavano) e la cui spinta verso l'alto – giustificazione umana ed estetica - permetteva la vista da qualsiasi parte, senza porte chiuse e segreti particolari: il titolo dell'opera fu appunto “Trasparenze”. Il materiale usato fu lamiera di ferro; il colore scuro con variazioni tonali; la cottura avvenne a forno elettrico. Poiché si trattava di una donazione fatta dagli artisti integralmente a loro carico, su commissione dell'associazione culturale “Alberi per il futuro”, esaurite le possibilità individuali, il progetto finale fu ridotto – in realtà - da dodici a sei elementi, il lavoro già realizzato nel 1993, fu installato nel 1996.
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| 1997 |
Museo Arte Contemporanea, Pieve di Cento (Bologna)
“Pianola” (terracotta, 1994)
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| 1997 |
Roma, via Castiglion Fibocchi
“Scala modulare” (terracotta, travertino e peperino, 1991), installazione
Nell'ambito del progetto “Cento Piazze” del Comune di Roma teso al recupero della periferia urbana, l'area denominata via Castiglion Fibocchi –fortemente degradata- è stata bonificata mediante la realizzazione di un progetto presentato dagli architetti A. Lombardi, B. Mohan e S. Messina. L'area tagliata trasversalmente da un percorso di travertino, comprende un'isola verde centrale, con palme, un parco giochi e numerosi punti di sosta. I materiali impiegati sono quelli tradizionalmente usati a Roma: mattoni, tufo e travertino. Gli elementi scultorei realizzati dagli artisti I.Datti e B.Del Gaizo ravvivano ed evidenziano la prospettiva del portico verso via Fibocchi.
La scultura di Immacolata Datti consiste in una “scala modulare” di lastre di cotto intramezzate da travertino e peperino ed è sintomatico notare come la posizione orizzontale costituisca la immaginaria declinazione verticale di una colonna antica: i moduli rafforzano questa impressione o meglio questo progetto. I 35 elementi offrono un lato curvilineo ed il corrispondente sezionato secondo le invenzioni creative antiche che ispirano questo manufatto. I colori –già distinti- assumono sfumature condizionate dagli agenti atmosferici. L'armonia della costruzione è quella –nel concreto- di un paesaggio tra rovine e memoria.
La scultura di Bruno Del Gaizo realizzata in lamiera di ferro, pur divisa in due moduli ascendenti a forare il cielo, ha una base articolata il cui insieme suggerisce l'idea del santuario: rifugio chiamato ad accogliere, a proteggere in uno spazio ristretto Si potrebbe –spalle all'entrata- guardare verso l'alto e poi –ritraendosi- meditare: tutto un mondo in una esigua superficie: un invito ad entrarvi e restarci con il ricordo.
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| 1998 |
Roma, “Progetto per via Candia” - Eseguito su richiesta della
XVII Circoscrizione per decorare lo sfiatatoio della metropolitana.
(in collaborazione con Bruno Dal Gaizo)
Una semplice struttura geometrica realizzata in ferro costituisce il modulo base della costruzione. I dodici elementi che la compongono, opportunamente spaziati, coprono l'intera area delimitata dal muretto: un'area trapezoidale che ha dato l'idea ed il motivo del modulo il quale –variando dimensioni ( altezza, larghezza inclinazione)- costruisceuna installazione simile ad un tunnel di metropolitanea: un tunnel sezionato. L'elemento costruttivo affonda (dopo aver fatto presa sul muretto) la sua struttura di ferro nel marciapiedi e questi tratti orizzontali –radici alla terra- si alternano –con gioco zebrato- al malto stradale.
La sommità dell'elemento, costituita da un tratto orizzontale, uno inclinato a 15°, ed una connessione a 45°, dà l'idea di una via aerea che percorre e lega tutta l'installazione. Alla via “esterna” corrisponde una pensilina, all'interno della costruzione, sorretta da tiranti metallici. Il materiale sarà rame e contrasterà con i toni scuri del ferro.
Altra funzione di questa lingua metallica sospesa nel vuoto della struttura –declinante dal lato più alto al basso, con sospensioni e salti- è quella di raccogliere le acque piovane, farne ascoltare il suono e declinatle in brevi cascate.
Il primo elemento della costruzione copre il muretto orizzontalmente con una fascia metallica e verticalmente con una banda che dal marciapiedi si congiunge alla soglia descritta. L'ultimo elemento –il più grande- presenta due contrafforti che dall'interno della sua struttura spingono i lati esterni. Non ù soltanto statica la loro funzione: l'elemento –visto dall'esterno- configura, nella parte centrale, l'accesso a qualcosa che al di là dei misteri di una galleria, introduce a sensazioni “altre”, più consonanti a quelle dell'interno di una cattedrale. Movimento suono spirito gotico sezioni di creature enormi ed antiche forniscono chiavi di lettura diverse, valenze di spirito multifunzionale, all'intera costruzione.
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| 2001 |
Università di Arcavacata di Rende (Cosenza)
“In ricordo di Ezio Tarantelli” (terracotta), installazione
Tre elementi in terracotta bianca e rossa, squadrati, totemici. Un muro spezzato. Una morte violenta. Una fenditura che si apre dall'alto in basso interrompendo una continuità, aprendo uno spazio che allude appena ad una forma umana. Un passaggio? Vita o morte? Il fascino dell'arte è proprio nell'ambiguità: ci suggerisce qualcosa, ma al tempo stesso lascia lo spazio alla fantasia per muoversi liberamente avanti e indietro nel tempo, per scendere dentro noi stessi e far affiorare emozioni, sensazioni e ricordi. Ma a riportarci all'evento commemorato c'è un libro con le parole di Tarantelli incise nella terracotta, incise semplicemente, così come migliaia di anni fa i nostri antenati incidevano su tavolette di terra i loro archivi, le loro biblioteche. Memoria?
Le forme della scultura alludono ad un simbolismo primario: l'archetipo ci è familiare: ci parla di “memoria” così come di memoria ci parla la materia stessa: la terra. Quando terra acqua ed aria vengono impastate e cotte nel fuoco, si attua un procedimento alchemico di trasformazione: la terra da malleabile si fa dura, da grigia colorata. E la dimensione simbolica da latente si fa esplicita assumendo una propria identità. L'artista è solo la mano che esegue e si fa tramite: dal pensiero collettivo, universale, a manufatto; è colui che fa affiorare le sensazioni, emozioni e ricordi attraverso la “misura”, ossia la geo-metria, le proporzioni, i numeri, le leggi ermetiche, il giusto alternarsi dei “pieni” e dei “vuoti”. C'è un legame tra l'arte di costruire e l'enigma dell'al di là: vita? Morte? L'opera non fornisce risposta. La sua risposta è il silenzio.
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| 2002 |
Roma, via di Villa Gordiani
“Porta Magica” (terracotta e pietre), installazione
“Quando mi fu proposto di realizzare un gruppo scultoreo per Villa de Sanctis, si posero due tipi di quesiti da risolvere: il luogo – la posizione dell'opera in uno spazio aperto ed il legame con l'ambiente circostante. Proiettando l'opera in altezza e creando un recinto erboso a forma di labirinto, ho progettato quindi un'opera le cui suggestioni esoteriche si potessero coniugare con quel luogo così ricco di storia e di umanità. La Porta Magica, collocata all'ingresso della Villa, introduce ai misteri del transito da una dimensione terrena ad altra, ma vi si accede soltanto percorrendo un labirinto, allusione al passaggio per via iniziatica attraverso gli elementi naturali del mondo vegetale allusivo della vita. L'impasto di terra e acqua che trasformato dal fuoco prende forma con la terracotta, accenna alla presenza umana.”
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| 2003 |
Università di Teramo
“Porta Etrusca” in ricordo del prof. F. Mazzonis (terracotta, 1995), installazione
Quattro elementi in quattro differenti tonalità di terre, la Porta Etrusca, massiccia e totemica, riprende “al negativo” la sagoma della porta della morte rappresentata nel fondo delle tombe di Cerveteri. Ma qui la porta ci lascia entrare e superare, rasentandoli, altri muri, forse altre esperienze di mondi o vite, per poi raggiungere l’ultimo muro, chiuso, definitivo. La quarta porta –dicono i mistici sufi- la “Porta di terra” si può aprire solo col cuore.
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| 2010 |
San Felice Circeo, Museo Comunale
“Il libro del sole sonoro” (terracotta e legno, 1995)
“Il bosco della Maga” (legno e specchi)
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| 2012 |
Rieti, Palazzo Vecchiarelli
Immacolata Datti - Opere dal 1980 al 2007
Mostra permanente visitabile nell’ambito della visita di Rieti sotterranea
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| 2014 |
Museo Bilotti, Castello Aragonese di Rende (Cosenza)
“Sezioni di colonna” (terracotta e pietre, 1993)
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