Testi critici
Elio Mercuri
Testo in catalogo, 1975
La condizione della donna non può non assumere un ruolo decisivo nello sforzo di trasformare la società in cui viviamo; e il primo problema è quello di restituire ad essa la dignità della storia contro i miti, gli infiniti miti che hanno profondamente segnato negativamente l’esistenza. Non è dunque un caso, che oggi diviene sempre più frequente il bisogno della donna di rendere esplicite le motivazioni e le ragioni, del proprio essere integralmente parte della società.
È un impulso profondo che rompe gli schemi, ed è desiderio che affronta i meccanismi della repressione se non altro come gesto, che si ribella e si sottrae alla inerzia e alla rassegnazione. Gesto che cerca il suo calco nella realtà dei giorni, che imprime alla materia una sua indelebile traccia, dà forma a questo bisogno di sentirsi ed essere, vita, assoluta, vera; ed è gesto che modella, un’immagine di sé, e nella sua proiezione prende corpo, in forme, concrete, sode, presenza ormai incancellabile.
Immacolata Datti Mazzonis nella sua produzione di sculture segue quest’impulso, ma individua anche un suo modo di interpretarne il significato; il suo tema è la donna avvertita in una sua natura primordiale, mater matuta, natura, terra, pietra, blocco immersa nella continuità di una relazione che è difficile immediatamente determinare, e, al tempo stesso atteggiamento, di compiacimento e di illusione, quasi auto contemplativo, di un suo stato, di donna madre allo specchio, prigioniera essa stessa, di questo mito che per secoli l’ha consegnata alla solitudine e all’assenza. E la materia della sua scultura muta a seconda del prevalere dell’una o dell’altra sensazione, è grezza, informe, quasi spontanea in questo sentire naturalistico del corpo, come parte del mondo, figura che crea uno spazio, si fonde al paesaggio e al tempo stesso afferma una sua presenza. Fino a creare la suggestiva realtà, di questo nudo sdraiato, che l’occhio soltanto in un secondo tempo ricostruisce e realizza, per un attimo come sperduto in una realtà di terra e di roccia, di organiche metamorfosi, di immagini di perdute, antiche divinità. Nell’altro versante, la elaborazione degli smalti a pan fuoco, a sottolineare la sottile ironia, che sconsacra il mito, demistifica l’atteggiamento,consegna la posa al passato, per ritrovare semmai la cadenza di un equilibrio che sia realtà, di grazia e di bellezza nel ritmo interno che si sviluppa in forme aperte nello spazio, attraversate dall’aria, in continuità con l’aria nella quale si libera il moto energia, desiderio rattenuto, lo stesso respiro, in figura di danza.
Con grande serietà e semplicità Immacolata Datti Mazzonis porta avanti il suo impegno di donna e la sua ricerca di artista, ai quali affida la sua funzione, il suo ruolo, ma anche la sua sensibilità; il suo dubbio ma anche le sue certezze.