Testi critici
Gabriele Simongini
“L’arte e le donne: quando la tecnica è prima di tutto accurata laboriosità”
L’Informazione, febbraio 1995
(…) Un concreto invito a “costruire”, a “lasciar tracce” di sé, in un modo naturale ed equilibrato, rispettoso di antiche ritualità, è quello rivolto da Immacolata Datti all’uomo del Duemila, nelle sue sculture. La Datti usa con delicata perizia materiali elementari (terracotta, tufo , travertino, peperino, ecc.) per edificare “architetture” ed oggetti concepiti come nuclei plastici irradianti un profondo senso costruttivo, pittorico (i colori naturali delle materie stesse) e persino musicale.
Non per niente l’artista, lungo tutti gli anni Ottanta ha realizzato vere e proprie sculture sonore. Immacolata Datti, con una salda sobrietà, intende coinvolgere nelle sue creazioni tutto il complesso sensorio dell’osservatore: ogni materiale delle sue sculture ha un proprio suono, una propria consistenza e una propria “pelle” da toccare, insomma una propria “sensualità”. Accanto ad opere cariche di una forza “primordiale”, quale ad esempio è percepibile in “Porta Etrusca”, vanno ricordate alcune realizzazioni connaturate ad u uso più quotidiano, quasi domestico, sotto un certo punto di vista, come in “Botticella” e “Pianola”.